
A Federico García Lorca
Sul sangue la penso come te.
Non lo voglio vedere.
Mi piace leggerlo, come il fuoco.
Ma il colpo;
quel colpo che cadde a spezzare
la linea dei versi,
che come filo reciso d’aquilone
si attorcigliò su se stessa e fuggì.
Quel colpo l’avrei voluto sentire,
per capire se la sua voce
davvero valesse tanto.
Estinse la musica gitana,
il passo breve dei fiori.
Gelò il cuore d’ogni alba,
rendendola sudicia lampadina
e ruppe le corde d’ogni chitarra.
Pochi erano rimasti per poterti cantare;
nessuno guadò un fiume nel tuo nome.
I cani, forse,
non abbaiarono più.
Mi scrivesti e non lo sapevi.
Ogni volta che tento di pisciare
su di una parola putrefatta
è anche per te.
Guardo in cielo
e non cerco l’aquilone.
( 08. Luna quando ai vitelli cresce il pelo. 2004 )